E’ interessante rispolverare vecchi scritti ancora attuali che non hanno trovato la diffusione che meritavano. Il trafiletto seguente dovrebbe stimolare qualche riflessione sul problema troppo spesso banalizzato del suicidio, e dell’altro lato della medaglia: una vita portata avanti “automaticamente”, come un lettore cd che gira, senza un perché. Il testo è tratto da un giornale anarchico del 1994.
Due ragazzi, in una fredda serata di ottobre, si sono sdraiati sui binati della ferrovia alle due imboccature di un tunnel nei pressi di Sondrio. Si sono sdraiati quasi nello stesso momento, ed hanno aspettato il treno.
Non hanno lasciato nulla di scritto. L’estremo ricatto da parte di chi si accinge ad uccidersi nei confronti di chi resta, non c’è stato. Neanche un saluto. Frequentavano tutti e due la Statale di Milano, uno a Statistica e uno a Giurisprudenza, avevano gli stessi gusti e interessi di migliaia di ragazzi della loro età, ma ad un certo punto, hanno deciso di togliere il disturbo. Insieme, ai due lati di un qualsiasi tunnel ferroviario, in una qualsiasi serata di ottobre.
Una società di stupidi che merita disprezzo s’interroga adesso sui motivi di una scelta estrema e per essa incomprensibile. Giudici indagano, codice alla mano, e psicologi riflettono, chini sui propri manuali. Ma non si può continuare a vivere senza un motivo, e si può decidere di morire per mille motivi.