Secondo il diritto romano, al quale la legge italiana si ispira, ogni persona è innocente fino a prova contraria. Sembra un’ovvietà, ma non lo è. Questo principio significa che nessuno deve dimostrare di essere innocente solo perchè è sospettato di aver commesso un qualsiasi reato, ma è lo stato (nella persona del pubblico ministero) a doverne dimostrare la colpevolezza in tribunale – anzi, se necessario dovrà portare avanti il processo in appello e in cassazione. Finchè la colpevolezza non sarà dimostrata, l’indagato/imputato non deve essere punito.
A questa regola è sempre esistita un’eccezione, il carcere preventivo. Ma era appunto un’eccezione e i suoi limiti erano – sono – chiaramente definiti dalla legge: una persona la cui colpevolezza è ancora da dimostrare può essere incarcerata solo se esistono gravi indizi a suo carico e, in aggiunta, il sospettato ha contatti e mezzi che gli consentirebbero una fuga oppure potrebbe inquinare le indagini.
Oggi il carcere preventivo ha cambiato nome: si chiama custodia cautelare. Si tratta di un’operazione puramente retorica atta a mascherare un concetto. Si tenta di negare il fatto che le persone vengono incarcerate preventivamente, cioè prima di aver verificato che esista un motivo valido per farlo; si chiama questa condanna arbitraria “custodia” e si afferma di applicarla per cautelarsi. La retorica del potere non è mai stata così divertente come negli ultimi decenni.
Nonostante tutte le statistiche parlino di un calo dei reati negli ultimi anni, basta uno sguardo disattento a un telegiornale per rendersi conto che l’attenzione verso la cronaca nera non è calata per niente. Ma, con una faccia tosta fuori dal comune, tra un omicidio e l’altro i giornalisti si ricordano ogni tanto di avvertirci che le prigioni stanno esplodendo – come se loro non avessero responsabilità in questa atrocità! Sempre dando un’occhiata alle statistiche si vedrà come il numero dei carcerati è costituito buona parte da persone che, secondo i principi democratici italiani, non dovrebbero essere in gabbia – perchè in carcere preventivo o perchè appellanti. Quello che è accaduto è semplicemente un rovesciamento della situazione: prima l’incarcerazione era un’eccezione, ora lo è la presunzione di innocenza.
Giustizialismo puro? Severità di un sistema che deve liberarsi dal crimine? Macchè. I colletti bianchi, i politici e i più grandi spacciatori di droga – tanto per fare qualche esempio – se ne stanno tuttora ben lontani dalle galere, altro che carcere preventivo! Sempre secondo le statistiche, circa metà della popolazione carceraria è costituita da immigrati. Chi ha visto i luoghi di reclusione si rende conto facilmente di come non sia un’etnia, una religione, o qualche altra idiozia del genere ad accomunare i prigionieri, quanto piuttosto una categoria sociale. In una parola: i poveri. Quelli che non si adattano, perchè non ne hanno la possibilità o perchè non ne hanno intenzione. Quelli che rifiutano di farsi sfruttare da un sistema di lavoro inumano e quelli che vorrebbero farlo ma non ci riescono. Quei miserabili e quegli spossessati che, ormai, sono sempre di più. Con l’aumento della disoccupazione, della precarietà, con il rincaro degli affitti e dei beni primari, fasce sempre più grandi della popolazione rischiano il carcere, che lo vogliano o no, che se ne rendano conto o no. Per molti anche sopravvivere è un reato, ormai.
Diventa così evidente come non siano le loro azioni ad essere giudicate e punite, ma la loro condizione sociale. Le persone vengono incarcerate per ciò che sono, più che per i loro atti. Colpevoli di non essere tra gli eletti… fino a prova contraria.
Questa situazione finirà solo quando sarà il povero a dichiarare guerra al ricco; quando gli spossessati, stanchi della loro condizione, decideranno di farla finita col carcere e col mondo che lo ha generato.
e tutto vero ….e una vergogna mondiale