Due poesie sulla follia: una tratta dall’Antologia di Spoon River, l’altra è la canzone di DeAndrè da essa ispirata
Frank Drummer
Da una cella a questo spazio oscuro –
la fine a venticinque anni!
La mia lingua non poteva pronunciare ciò che s’agitava in me,
e il villaggio pensava fossi uno scemo.
Eppure al principio v’era una visione chiara,
un alto e urgente proposito nella mia anima
che mi spingeva a cercare d’imparare a memoria
l’Enciclopedia Britannica!
Un matto
(dietro ogni scemo c’è un villaggio)
Tu prova ad avere un mondo nel cuore
e non riesci ad esprimerlo con le parole,
e la luce del giorno si divide la piazza
tra un villaggio che ride e te, lo scemo che passa,
e neppure la notte ti lascia da solo:
gli altri sognan se stessi e tu sogni di loro
E sì, anche tu andresti a cercare
le parole sicure per farti ascoltare:
per stupire mezz’ora basta un libro di storia,
io cercai d’imparare la Treccani a memoria,
e dopo maiale, Majakowsky e malfatto,
continuarono gli altri fino a leggermi matto
E senza sapere a chi dovessi la vita
in un manicomio io l’ho restituita:
qui sulla collina dormo malvolentieri
eppure c’è luce ormai nei miei pensieri,
qui nella penombra ora invento parole
ma rimpiango una luce, la luce del sole
Le mie ossa regalano ancora alla vita:
le regalano ancora erba fiorita.
Ma la vita è rimasta nelle voci in sordina
di chi ha perso lo scemo e lo piange in collina;
di chi ancora bisbiglia con la stessa ironia
“una morte pietosa lo strappò alla pazzia”